Bastia

Assisi, il male oscuro del Polo

 Anna Mossuto


 Tanto tuonò che piovve, ad Assisi. E’ proprio il caso di dirlo visto il clima di questi giorni. Giorgio Bartolini, il sindaco della città di San Francesco, riconfermato al secondo mandato senza passare per il ballottaggio, è stato cacciato dal palazzo comunale. E a mandarlo via non sono stati i cittadini attraverso l’esercizio del diritto di voto, bensì i suoi amici di schieramento, vale a dire del centrodestra. Solo un miracolo avrebbe potuto far restare in sella Bartolini, considerati gli attacchi e i comportamenti degli ultimi mesi di un manipolo di consiglieri, quindi quello che è accaduto martedì scorso è stato soltanto l’epilogo della morte annunciata di un’amministrazione comunale che ha retto per oltre nove anni. Ricordato che non si è trattato di un fulmine a ciel sereno, è il caso di spendere due parole su questo suicidio politico ideato e voluto dal centrodestra. Il solo immaginare di far cadere il proprio esecutivo era un pensiero malsano, l’averlo fatto è una scelta folle, incredibile e irresponsabile dal punto di vista politico. 
Assisi è una città simbolo in tutto il mondo, una roccaforte a livello di immagine e di visibilità politica. Era una poche amministrazioni governate in questa regione dalla Casa delle libertà che impelagandosi in una strategia masochista (chi gode nel farsi del male) ha fatto cadere come birilli prima Valfabbrica, ora Assisi, ma in un passato più recente Terni, Massa Martana, Fossato. Il gioco più diffuso all’interno del centrodestra umbro sta diventando il bowling, forse nell’intenzione di qualcuno c’è la voglia di fare strike. In piedi ci sono ancora Nocera Umbra, Cascia, Passignano. Ma quali sono le ragioni che stanno dietro alla disfatta di Assisi? Soltanto personalismi e veleni per una poltrona o uno strapuntino in più? O il desiderio di farla pagare a un sindaco ritenuto troppo accentratore e poco disponibile a concedere spazi? Troppo semplice e troppo riduttivo questo tipo di spiegazioni che si circoscrivono a un ambito ristretto. Anche perché dietro il comportamento dei singoli consiglieri locali del centrodestra c’è stata per forza di cose una regia più adulta, una sponda ai livelli più alti. Peccato che coloro che hanno tirato i fili non si sono accorti in tempo che a furia di tirare le corde si spezzano. Allora perché il centrodestra ha una tenuta, come coalizione, pari allo zero? Le colpe di chi sono? Solo dei vertici provinciali e regionali o risiedono anche altrove? Le espulsioni dai partiti quando i danni sono fatti servono a ben poco perché prevenire è meglio che curare. Per rispondere alla prima domanda basta richiamare alla mente un paio di fatti accaduti all’interno del centrosinistra in occasione delle scorse elezioni amministrative a Orvieto e Foligno. In queste due città la coalizione si è divisa e lacerata per settimane, ma alla fine quando si è dovuto stringere sui nomi dei candidati a sindaco tutti i partiti del centrosinistra hanno retto, si sono ricompattati lasciando in un angolo polemiche e litigi. Ecco, il centrodestra non è stato capace in passato, e non lo è stato pochi giorni fa, di andare oltre e pur di aggiudicarsi qualche vendettuccia personale ha sacrificato i governi di città importanti. A Terni, all’epoca del professor Gian Franco Ciaurro, successe la stessa e identica cosa. Pugnalate e colpi bassi erano all’ordine del giorno tanto da costringere il sindaco a dimettersi pur di salvare il salvabile. Ma neppure questo gesto adottato da un uomo di grande spessore fu compreso dai “suoi” alleati, così dopo pochi mesi la giunta di Palazzo Spada arrivò al capolinea. I fili conduttori che legano le vicissitudini politiche del centrodestra nella città delle acciaierie e nella città del Poverello potrebbero essere due. Il primo: l’incapacità di gestire le successioni, o meglio all’interno della coalizione si scatenano gli appetiti e quindi le guerre quando i sindaci si trovano al secondo mandato. A volte i primi cittadini diventano quasi concorrenti dei partiti e quando i partiti latitano, come nel caso del centrodestra, i guai sono dietro l’angolo. Il secondo: la mentalità perdente che domina nel centrodestra, nel senso di non essere capace di immaginarsi forza di governo e laddove lo è non riesce a concentrarsi per gestire e conservare il potere e magari impegnarsi per conquistarlo altrove. Allora, su un giudizio si può essere tutti d’accordo: la debacle assisiate è stata una questione di miopia politica, di scarsissima lungimiranza, di incapacità della classe dirigente che rischia di costare cara, molto cara, al centrodestra. A meno che la Casa delle libertà non si fermi, chiudendosi in qualche convento per un po’ di giorni, a riflettere sui danni prodotti. Non fare autocritica e pensare che Assisi sia un episodio, un altro, dopo Terni sei anni fa, dopo Valfabbrica pochi mesi fa, sarebbe la decisione più sciocca del mondo. La credibilità che il centrodestra ha massacrato con le mani e le menti proprie è un patrimonio che oggi come oggi vale nemmeno mezzo centesimo. E se Alleanza nazionale ha più responsabilità dal punto di vista morale di questa brutta pagina è pur vero che Forza Italia non è stata capace di essere partito leader della coalizione. Prendere esempio dagli avversari, dalle cose buone che fanno, non è sbagliato. Anche perché le conseguenze di queste disfatte non si pagano a stretto giro, ma come Terni insegna, l’onda lunga dei danni si percepisce ancora. Insomma o il centrodestra riparte da Assisi come Dio comanda o le sue percentuali saranno destinate ad assottigliarsi sempre di più.


 mossuto@corr.it

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