Bastia

Hemmond, è una partita a scacchi

Il destino dell’azienda in crisi si gioca su più tavoli, incluso quello del tribunale fallimentare


Cubatura che fa gola e il rilancio diventa più difficile


BASTIA UMBRA – Il futuro della Hemmond è una partita a scacchi. Che si gioca su più tavoli, non ultimo quello della procura della Repubblica che ha avviato l’inchiesta per bancarotta fraudolenta. Inchiesta che ha avuto un’accelerazione sul finire dell’autunno. Il cancello chiuso della fabbrica che era l’orgoglio del settore tessile del comprensorio sono la fotografia di una situazione difficilissima. Che neppure l’ipotesi di rilancio che doveva passare per l’affitto della fabbrica, ha riacceso. Adesso si apre la partita. Da una parte il Tribunale fallimentare che potrebbe chiudere il gioco passando per la via più semplice: l’asta della scatola quasi vuota della Hemmond. Un’asta che potrebbe far gola. Ma chissà se soltanto a chi opera nel settore oppure a chi, e le voci già circolano, è interessato più ai metri quadrati, alle cubature e alla parte per così dire urbanistica della partita che a quella produttiva. E questo è un altro scenario. Il riavvio della produzione sembra l’ipotesi più difficile da intraprendere. Anche in questo caso la palla è in mano al giudice fallimentare. Dopo l’esperienza negativa dell’affitto, chi si azzarda a ripercorrere la strada che vuol aprire i cancelli della fabbrica se non ci sono garanzie più che sicure? Nei giorni scorsi, in consiglio regionale, è andato in scena il “question-time” con il quale l’assessore Ada Girolamini ha riposto ai dubbi e all’allarme lanciato dal consigliere regionale Ds, Vannio Brozzi. In soldini la Regione ha fatto capire che sta monitorando, anche con Sviluppumbria, il futuro di quel nome. Già nome, cioè marchio. Che possibilità c’è di riaprire anche quella partita? Un’altra domanda che gira sulla scacchiera. E che potrebbe interessare ad alcuni imprenditori del settore. Avrebbe fatto balenare il proprio interessamento un’azienda che si trova nel Folignate. Ed anche altre aziende del settore del tessile, anche se più piccole, stanno valutando l’ipotesi di mettersi in cordata. Per recuperare più che il luogo Hemmond, il marchio e il nome. Che sul mercato ha ancora un certo appeal. Lo dimostrano i bonifici che fluiscono alla cassa del fallimento da parte dei vecchi clienti. Quasi un paradosso. L’Hemmond non c’è più, ma c’è chi ancora continua a pagare per le forniture ante crisi. Quasi una certificazione di garanzia di come quel nome, sul mercato dell’alta maglieria, abbia ancora la possibilità di riprendere fiato. Ma la partita a scacchi si gioca non sull’onda dell’emozione.
L.B.

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