Bastia

Le ruspe in marcia sulla casa-gioiello inventata da Piano

L’edificio fu costruito nel ’78 per i malati di mente – Il Comune di Bastia Umbra: “A noi non serve”

ALESSANDRA CRISTOFANI
PERUGIA

Una firma, la sua, che non riuscirà, forse, a fermare le ruspe. Che, immemori della storia, anche quella recente, rischiano di far fuori, a colpi di trivelle, l’unico esemplare di casa evolutiva realizzato da Renzo Piano. Poco importa se il guru dell’architettura e del design mondiale, proprio in Umbria, ai tempi del Centre Pompidou, realizzò, nel ’78 un piccolo «Beaubourg» nel cuore verde d’Italia, destinato ad accogliere i malati di mente liberati dalla riforma Basaglia. Renzo Piano, allora quarantenne, in collaborazione con Peter Rice, concepisce un’abitazione in progress che grazie a una parete mobile può raddoppiare la superficie abitabile, pensando ai malati psichiatrici che, in quel parallelepipedo di calcestruzzo armato, con tanto di pareti a vetro scorrevoli, avrebbero dovuto imparare a convivere con il resto del mondo. Ora, a distanza di trent’anni, sfrattati gli inquilini a causa di una dichiarata inadeguatezza della struttura, la casa evolutiva di Renzo Piano, realizzata nell’area dell’ex tabacchificio «Giontella» di Bastia Umbra, rischia di finire sotto le ruote cingolate di un caterpillar. Sarà l’azienda sanitaria di Assisi-Bastia, proprietaria del terreno e  dell’immobile, a decidere sul destino dell’opera giovanile dell’architetto genovese. Un destino legato a doppio filo al progetto di riqualificazione dell’area, al centro della quale sorge un vecchio opificio che negli anni Cinquanta diede lavoro ad oltre mille operaie, dove l’Asl 2
dell’Umbria intende realizzare il «Palazzo della salute», un centro unico di erogazione dei servizi sanitari attualmente dislocati nel territorio distrettuale dell’azienda. Né il Comune, dal canto suo, intende fare alcunché per evitare che la casa d’autore di Bastia Umbra, griffata
Renzo Piano, venga demolita.
«Non intendiamo imporre il vincolo artistico all’opera», dichiara Stefano Ansideri, sindaco di
Bastia Umbra. Che aggiunge: «Rilevare il fabbricato comporterebbe dei costi e noi dobbiamo
far quadrare il bilancio e non certo fare i mecenati. Del resto, dell’opera di Piano, non sapremmo che farcene».
Chi della difesa dell’architettura contemporanea (in Umbria, nei borghi di Solomeo e Corciano, esistono altri due esempi di casa evolutiva firmata Piano) ne ha fatto invece una missione è il professor Paolo Belardi, ordinario del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’università di Perugia: «La casa evolutiva di Renzo Piano, caratterizzata da flessibilità, facilità di montaggio e basso costo, in linea con la filosofia radical-autarchica dell’autore, merita di essere salvata, non fosse altro che per la vocazione utopica della sua idea progettuale». Dello stesso parere Carlo Rossi, laureando in Ingegneria a Perugia, che proprio domani discuterà la tesi sul «Rilievo architettonico-ambientale casa evolutiva di Renzo Piano e Peter Rice»: «Laddove il bene architettonico non sia parte di un sistema, cittadino o rurale, e non sorga in zone interessate da rilevanti afflussi turistici, l’attenzione delle autorità locali alla conservazione cede il passo a considerazioni di altro tipo. Gli interessi commerciali soverchiano quelli strettamente culturali e può capitare che un’opera di architettura contemporanea debba far posto a negozi di abbigliamento odi calzature. È questo, probabilmente, il caso del complesso edilizio di Bastia Umbra».
E Piano? Non commenta. Dal suo ufficio di Parigi fanno sapere che «mai, in tanti anni, lo studio Piano è stato coinvolto in un’ipotesi di demolizione». Già. Disfarsi di un’opera di Piano non deve essere proprio cosa che accade tutti i giorni.

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