Una banda di rapinatori percosse, legò e imbavagliò due coniugi, uno dei quali morì
Un anno dopo, indagini al palo. Ma c’è una pista
La sopravvissuta: “Erano come diavoli. Cercavano i soldi. Mi portarono via Luigi
che poi non ho visto più da vivo”
I malviventi avevano fatto irruzione nella casetta a due piani forzando l’ingresso intorno alle 23
Elio C. Bertoldi
BASTIA UMBRA – Dall’esterno non si nota nulla. Tutto sembra sereno e tranquillo in questa casa. Chissà a scrutare nei cuori dei protagonisti, a cominciare dalla moglie della vittima, cosa si troverebbe. Giusto un anno fa, in questa casa, vittima di una banda di malviventi senza cuore, feroci e crudeli, è morto Luigi Masciolini, 85 anni, un anziano agricoltore. Non abbiamo voluto rinnovare l’indicibile dolore nel cuore di Maria Ragni, per ricostruire quella terribile notte. Certo furono belve quelle che massacrarono lo sfortunato Luigi Masciolini e mandarono sua la moglie, Maria, in ospedale. “L’hanno portato via e gli hanno fatto rovistare tutto. Poi hanno chiuso le luci, mi hanno messo il nastro sugli occhi e io a mio marito non l’ho più visto – raccontò allora la signora Maria – Sono entrati come i diavoli, hanno acceso le luci. Mio marito si è seduto sul letto e continuava a ripetere che in casa non c’erano soldi”. Tutto per poche centinaia di euro. Chissà cosa si aspettavano di trovare i banditi… A distanza di un anno i carabinieri, coordinati dalla dottoressa Manuela Comodi, sostituto procuratore, stanno ancora indagando su quel caso, difficile e complesso. Dell’attività investigativa non filtra nulla. Eppure una pista ci sarebbe. Una pista da seguire con pazienza e probabilmente sorretta da attività di intercettazione telefonica e ambientale. L’attività di indagini è complessa per tutta una serie di motivi a cominciare dal fatto che i malviventi – che agirono con la tecnica dell’Arancia meccanica – godettero di un vantaggio di quindici-sedici ore. E i ricordi dell’anziana vittima, sopravvissuta, che venne ricoverata sotto choc all’ospedale di Assisi, sono state comprensibilmente incerte, incomplete, lacunose. L’aggressione scattò poco dopo le 23 di un giovedì sera. I malviventi – un gruppo di quattro-cinque persone – erano entrati dopo aver forzato la porta di ingresso. Secondo la signora Maria i rapinatori si esprimevano con un accento meridionale. Chissà, tuttavia, che non fossero slavi, anche in quel caso. La banda aveva messo a soqquadro tutta l’abitazione, che si sviluppa su due piani, quasi cercasse qualcosa di preciso, di determinato. Eppure nella ricerca avrebbe ignorato la presenza di un fucile da caccia (le armi sono sempre un bottino importante per i criminali). Le due vittime erano state legate sul letto coniugale. Entrambi imbavagliati. Il povero Masciolini, che doveva aver cercato di difendersi e di reagire, era stato pestato a sangue. Come avevano appurato i medici legali Laura Paglicci Reattelli e Anna Maria Verdelli (tutte le costole del pover’uomo erano fratturate o incrinate). Per quelle lesioni e per l’asfissia causata dal bavaglio Luigi Masciolini era morto. La signora Maria aveva resistito. Ferma per ore e ore accanto al cadavere del coniuge. Solo dopo pranzo un figlio, preoccupato di non aver sentito i genitori, era andato nell’abitazione di Ospedalicchio, aveva scoperto quanto era successo e aveva lanciato l’allarme.
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