Bastia

Ricercatore umbro in Antartide ‘La mia vita tra i ghiacci al Polo Sud’

Vito Stanzione del Cnr: «Un anno di lavoro in condizioni estreme»
«A MENO 80 GRADI»Prima di uscire per i prelievi la ‘vestizione tecnica’ «Che dura più di mezz’ora»
BASTIA UMBRA «SI VIVE e si opera in un ambiente estremo, dove tutto diventa complicato, anche utilizzare un semplice giravite, ma resta un’esperienza unica». Così Vito Stanzione del Cnr-Isafom, reduce da 13 mesi in Antartide dove è stato Station Leader della Stazione Italo francese Concordia, a Dome C – Antartide: a 15.200 chilometri da casa, su un altopiano a 3.233 metri sul livello del mare, con temperature che possono raggiungere i – 80°C , a 600 chilometri dal punto «abitato» più vicino, la base russa di Vostoc. Per il resto, ghiaccio e colori unici, undici compagni di avventura da febbraio a ottobre (negli altri periodi 50-60 le persone ospitate): quattro italiani, cinque francesi, un olandese, un belga.
Per fare cosa?
«Attività scientifica, nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerca in Antartide – spiega Stanzione, 44 anni, nativo di Napoli ma ormai umbro d’adozione, perito chimico, da cinque anni in servizio alla sede Cnr di Perugia –. Al Cnr è affidata la programmazione e il coordinamento delle attività scientifiche: provvede all’attuazione operativa delle spedizioni antartiche, che conta su questa base, insieme all’Istituto Polare Francese, alle Università e altri Istituti di ricerca italiani che garantiscono il personale tecnico-scientifico che prende parte alle spedizioni. I nostri studi e le nostre ricerche riguardano in prevalenza i cambiamenti climatici: interroghiamo i ghiacci per comprendere cosa è accaduto nel corso dei millenni, per avere indicazioni su quello che sarà il futuro della terra e su come preservarla».
C’é altro?
«Vengono analizzati anche il magnetismo terrestre, l’albedo (riflessione della luce solare), messi a punto radiometri a microonde, insieme a Nasa ed Esa, per misure satellitari (salinità degli oceani, distribuzione superficiale dell’acqua sulla terra), un osservatorio sismologico permanente, l’osservazione astronomica. Le condizioni di cielo quasi sempre terso e zero inquinamento luminoso rendono Dome C un luogo privilegiato per questa attività, come per la ricerca di micrometeoriti: un grande laboratorio fra i ghiacci».
Il suo lavoro in particolare? «Come responsabile della Stazione ho avuto il compito di coordinare tutte le attività e la logistica. La mia ricerca ha riguardato le dinamiche e l’accumulo nevoso durante l’intero periodo di permanenza: sono uscito tutti i giorni per prelievi e misure, a piedi».
Una cosa complicata?
«Per la vestizione tecnica occorre più di mezz’ora: abiti in tessuti speciali in grado di resistere a quelle temperature. Per quanto riguarda la ricerca, il ghiaccio profondo un metro equivale a 10 anni di accumulo, 10 metri a 100 anni. Con il progetto ‘Epica’ si è riusciti a fare un carotaggio da 3000 metri risalendo alla storia climatica degli ultimi 800.000 anni. Come souvenir ho riportato due ampolle di acqua: ghiaccio di 2000 anni fa, dell’Anno Zero per intenderci».
Maurizio Baglioni
In aereo
Per arrivare a Domec Un viaggio di 40 ore
Stanzione è partito il 17 novembre 2015 ed è arrivato, dopo 40 ore di viaggio, alla stazione  di ricerche. L’ultimo tratto su un C130 e quindi su un aereo dotato di sci.
Gli effetti sull’uomo
Nei mesi di permanenza un medico dell’Agenzia Spaziale Europea ha studiato gli effetti dell’ipossia, il gelo
e l’isolamento sull’equipe.I dati verrano usati per le prossime missioni su Marte.
Per tre mesi è notte
Alla stazione di Domec da novembre a febbraio c’è sempre luce, poi sino a maggio si alternano giorno e notte, quindi notte fino ad agosto. La temperatura media dell’inverno è -65°.

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