Il campione bastiolo di boby building appena scarcerato racconta la sua verità. E ne ha per tutti
PERUGIA – “Non sono un dopato e, men che meno, vendo prodotti dopanti”. Marco Lucacci, 36 anni, di Bastia Umbra, atleta di body building professionista è appena tornato libero: dopo l’interrogatorio di garanzia davanti al gip Paolo Micheli, assistito dal suo legale Fabrizio Spinelli, ha ottenuto dal gip di di Forlì (con parere sostanzialmente favorevole del pm) la revoca degli arresti domiciliari. E si difende. Lo farà nello sviluppo giudiziario dell’inchiesta, dimostrando la sua piena correttezza e lo fa anche difendendo la sua immagine. Lucacci è un campione italiano (categoria 100 kg) e si è piazzato all’11° posto ai campionati mondiali di Bombay. Non solo: a ottobre parteciperà ai campionati europei (Giochi del Mediterraneo). Un professionista a tutto campo con tanto di sponsor personale. Sgombra subito il campo sul piano giudiziario. “Nel mio negozio il Nas non ha trovato nulla. A casa mia ha trovato e sequestrato vitamina C e vitamina E e un aminoacido (l’Hmb) che io ho comperato a Bombay per uso esclusivamente personale. Nel mio negozio io commercializzo esclusivamente integratori alimentari”. La polizia giudiziaria di Forlì indagando su un import-export romagnolo ha registrato anche due telefonate (la magistratura da un anno teneva sotto controllo un importatore romagnolo) di Lucacci fatte il 5 e l’11 marzo dell’anno scorso. “In quelle telefonate specifico alle segretarie della ditta – sottolinea Lucacci – i prodotti che servivano per la mia attività commerciale e quelli che mi servivano per la mia preparazione fisica alle gare. Chiedevo per esempio anche l’Hmb, prodotto negli Usa, che è stato tolto dal mercato in America addirittura dal dicembre precedente e che quindi non mi è arrivato e non poteva arrivarmi. E un prodotto che si chiama Metabarn, un termogenico che brucia i grassi e che contiene un prodotto erboristico dalla cui elaborazione potrebbe ricavarsi l’efedrina. Potrebbe”. Lucacci, che si sposerà a luglio con una atleta professionista di body fitnes (una ragazza tuderte, per quattro volte campionessa italiana) e papà di una creatura di 17 mesi, non nasconde di usare quello che definisce “un minimo di supplemento chimico” per prepararsi in vista delle gare. “Corro dei rischi assumendo certi prodotti? Io sono padrone della mia vita. Anche chi fuma li corre e anche chi ingerisce alcolici. Ma c’è una differenza: io assumo questi prodotti in dosaggi minimi, per brevi periodi e soprattutto sotto stretto controllo medico. Ogni tre, massimo quattro, settimane faccio analisi e controlli radiografici. Io resto convinto che il pericolo non si determini nel mondo degli atleti professionisti, ma piuttosto nel mondo amatoriale, dove non ci sono controlli e dove non agiscono con continuità staff medici”. Aggiunge l’avvocato Fabrizio Spinelli: “Tra l’altro i prodotti che il mio assistito, con tutte le cautele, prende non alterano i risultati della gara. Vengono utilizzati solo in un momento della preparazione”.
Basta con la demonizzazioni
Con il realismo si vince
BASTIA UMBRA – Gli atleti professionisti di body building sono spinti da un lato dalla competizione sportiva, dall’altro dall’incentivo economico che si accompagna alla vittoria (premi in denaro, sponsor) e poi dal gusto estetico della visione di un corpo umano perfetto ad ogni livello. Ma se fosse il ministro della sanità, lei, Lucacci, come affronterebbe questo problema? “Con realismo, con pragmatismo. Intanto creerei un organismo speciale per studiare davvero e approfonditamente l’argomento degli effetti collaterali eventualmente dannosi per la salute. Poi fornirei ogni atleta, come avviene nel football americano, di un libretto sanitario che segue costantemente il soggetto nella sua attività sportiva. In questo libretto debbono comparire i controlli e i risultati degli esami: elettrocardiogrammi, ecografie al fegato e ai reni e quant’altro necessario. Se l’atleta presenta tutti i parametri nella norma può gareggiare e competere, altrimento no. Solo così la situazione si terrebbe sotto controllo e solo così si prenderebbe davvero a cuore la salute degli atleti”.
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