Giocava nel Gubbio ma nel 1998 un incidente stradale gli negò una carriera ad alto livello Ora fa l’allenatore a Bastia e vuol dare una speranza a ragazzi meno fortunati degli altri

Triestina   e Pistoiese lo seguivano per portarlo in B

Aveva appena vent’anni  quando il mondo gli crollò addosso

Da tecnico delle giovanili sta collezionando soddisfazioni

“Cerulli, Caraffa e la loro équipe mi hanno aiutato a recuperare”

“Vorrei coinvolgere enti locali e aziende che desiderano fare del bene”

BASTIA UMBRA Si è distinto come calciatore giocando in campionati di un certo rilievo e attualmente allena nel settore giovanile dell’Acd Bastia 1924, affiliato alla Juventus. Il folignate Cristian Finauro, classe 1978, ha deciso di rendere pubblico il suo desiderio: fondare a proprio nome una scuola calcio per bambini e ragazzi diversamente abili. Un progetto importante e complesso, estendibile a tutta la regione, scaturito da un periodo buio e doloroso della sua vita. Un periodo che oggi, il calciatore umbro, ha trovato il coraggio di raccontare. “Mi trovavo nel pieno della carriera calcistica, proprio sulla via del professionismo – dice Cristian – quando qualcosa polverizzò i miei sogni e mi costrinse a riflettere sulle cose importanti della vita”. Era l’11 marzo 1998. Cristian giocava con il Gubbio e la sua squadra doveva disputare il quarto turno di coppa Italia contro l’Ancona, che si militava in serie B. Una partita che non poté giocare a causa di un grave incidente nei pressi dello stadio. “Ricordo il forte rumore dell’urto, un dolore lancinante, il senso di paura e rabbia. Ma soprattutto – racconta – il dispiacere per una carriera alla quale avrei probabilmente dovuto dire addio. Prima di quell’incidente – spiega Finauro – stavo vivendo un periodo   d’oro:   c’erano due squadre di serie B interessate a me, Triestina e Pistoiese. E poi- continua – avevo alcuni contatti con delle formazioni Primavera di serie A, tra cui il Brescia e il Cagliari”.

Ma la diagnosi era chiara e severa: rottura del crociato posteriore della gamba sinistra e ricostruzione arteria poplitea. In poche parole addio ai sogni.
“Ho rischiato di perdere la gamba a causa di una grave infezione. Il calcio -racconta con gli occhi lucidi – è sempre stato, ed è, la mia vita. Pensare di doverlo lasciare per sempre – assicura Cristian – è stato un dramma”.Ma a volte la vita ti prende a schiaffi solo per farti aprire gli occhi e farti vedere ciò che a volte, il successo e la routine, non ti fanno più apprezzare o notare con la giusta attenzione. “In quei momenti di solitudine, dove anche il più semplice e naturale gesto del camminare era per me impossibile,ho pensato molto a tutti quei giovani che a causa di disabilità fisiche non possono prendere parte al meraviglioso mondo del calcio. Ho capito sulla mia pelle – confessa – cosa vuol dire essere di versi, perciò feci a me stesso una promessa:qualora fossi guarito, avrei fatto qualcosa di buono per questi ragazzi”. Era nato un vero e proprio progetto sportivo di inclusione sociale. Dopo circa un anno fatto di interventi chirurgici, cure costanti e fisioterapie, il giovane allenatore è riuscito a guarire e a continuare la propria carriera con 592 partite sul suo curriculum.
“Sento il dovere di ringraziare l’équipe medica di due chirurghi perugini, Giuliano Cerulli e Auro Caraffa, che hanno saputo ricostruire la mia gamba. Un vero e proprio miracolo – riconosce Cristian – reso possibile da quelli che sono stati i miei due angeli, mi hanno rimesso in campo. Ma ora che sto bene e che sono nel pieno del forze – annuncia Finauro – voglio tenere fede alla mia promessa e concretizzare quel progetto”.
È per questo che Cristian ha chiesto di fare un appello all’Umbria intera, alle persone che possono aver piacere a impegnarsi per gli altri: “Chiedo agli imprenditori umbri, alle società sportive e alle amministrazioni pubbliche locali di aiutarmi ad aprire una scuola calcio per i giovani non vedenti o con serie difficoltà motorie, perché è una realtà quanto mai necessaria che in Umbria non esiste. Servono risorse economiche ma soprattutto – sottolinea Cristian – gente che si metta a disposizione senza pensare a un ritorno economico, ma solo al sorriso da regalare a questi giovani. Il calcio – conclude – è un gioco che unisce, include, responsabilizza e i ragazzi con problemi fisici hanno il diritto di farne parte”. Magari un giorno si aprirà un campionato umbro dedicato a questo genere di disciplina. Per il momento si attendono le risposte della regione più spirituale d’Italia.

di Cristiana Costantini

 

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