Gli amici ammettono: ’Abbiamo usato cocaina’. Oggi l’autopsia per sciogliere il mistero sulle cause
PERUGIA Samuele De Paoli ha assunto cocaina insieme agli amici mercoledì sera prima di incontrarsi con ’Patrizia’, la transessuale brasiliana indagata per la morte del ventiduenne di Bastia. Lo hanno confermato gli amici del ragazzo, sentiti dagli investigatori della squadra mobile, diretti da Gianluca Boiano. Una dose divisa in cinque, stando al racconto dei ragazzi. Adesso sarà l’autopsia, in programma per oggi da parte dei consulenti della procura diretta da Raffaele Cantone – Mauro Bacci e Sergio Scalise –a dire se il 22enne di Bastia, trovato nudo e senza vita in un fosso nelle campagne di Sant’Andrea delle Fratte mercoledì mattina, sia stato ucciso da un’overdose oppure sia morto per le lesioni provocate da Pinheiro Reis Duarte Hudson, ovvero ’Patrizia’, la 43enne fermata mercoledì nel suo appartamento in piazza del Bacio che, durante la notte, davanti al procuratore aggiunto Giuseppe Petrazzini, si è difesa sostenendo di essersi difesa da un’aggressione, iniziata nella Panda rossa del giovane (all’interno schizzi di sangue e ciocche di capelli) e finita nel campo dove è stato trovato il cadavere. Il magistrato ha aperto un fascicolo con l’ipotesi di omicidio preterintenzionale ma la vicenda, nei dettagli, è ancora da ricostruire e, non è escluso che possano essere più fattori che abbiano condotto al decesso del giovane. Anche per capire se la trans abbia detto la verità e se poteva salvarlo. Sembra che inizialmente ’Patrizia’ in questura abbia parlato di due uomini per poi, invece, ripercorrere la storia dell’aggressione iniziata in auto per difficoltà emerse durante il rapporto sessuale e finita all’esterno della vettura nel campo dove inizialmente entrambi sono caduti e dove Samuele è stato trovato morto da un runner. Gli inquirenti hanno notato, in particolare, la posizione del ragazzo, come fosse ’appoggiato’ che può far pensare ad un malore. Ma ancora è presto per dirlo: l’esame autoptico e gli accertamenti tossicologici serviranno per chiarire ogni dubbio. Dopo l’interrogatorio in questura, alle 2 di notte gli agenti hanno accompagnato Hudson al Santa Maria della Misericordia dove è stata refertata con 25 giorni di prognosi per le tumefazioni al volto e la frattura composta di quattro costole. «Il mio assistito ha ricostruito in maniera congrua gli accadimenti e la procura ne ha preso atto, aspettiamo l’autopsia per definire aspetti ancora oscuri», è il commento dell’avvocato Francesco Gatti che ha nominato Annamaria Verdelli come consulente di parte.
Eri.P. e V.S.

I LEGALI DELLA FAMIGLIA
«Era amato da tutti Ora vogliamo giustizia e verità»

È una famiglia scossa dal dolore e che attende risposte, quella di Samuele De Paoli.«Vogliono giustizia e verità», sono le parole del legale Walter Biscotti che, insieme alla collega Brenda Ercolani, assiste la madre e i fratelli in queste difficilissime ore per sapere cosa sia successo al loro ragazzo. Appassionato di calcio (aveva militato per anni nella squadra del Bastia calcio), una vita all’apparenza spensierata e piena di amici. «Era un giovane amato e ben voluto da tutti, i suoi cari sono distrutti, è un dolore inimmaginabile da sopportare. Ora attendiamo con fiducia gli esiti di tutta l’attività investigativa. Domani (oggi, ndr) ci sarà il conferimento incarico per l’autopsia per cercare di far luce sui pezzi mancanti del puzzle». In primis, sottolinea l’avvocato, deve essere chiarita l’ora della morte e la causa,e capire cosa siano quei segni lasciati sul collo del ragazzo. L’indagata, la trans Patrizia che Samuele ha incontrato prima di morire nel fosso di un campo, assistita dall’avvocato Francesco Gatti ha offerto agli inquirenti la sua versione dei fatti spiegando che tra i due sarebbe esplosa una lite e di essere stata aggredita da Samuele. «Prendiamo atto del tenore delle dichiarazioni della persona indagata, ma a nostro avviso hanno una mera valenza difensiva e quindi chiaramente votate alla propria difesa».

Pineiro Reis Duarte Hudson

«Mi ha detto ’Aiutami, non mi lasciare’ Me ne sono andata ma non l’ho ucciso io»
Parla ’Patrizia’, la transessuale brasiliana indagata per la morte di Samuele De Paoli, il ventiduenne di Bastia «Mi ha picchiata perché voleva un rapporto particolare fuori dall’auto. Io l’ho preso per il collo solo per difendermi»

di Erika Pontini e Valentina Scarponi
PERUGIA «Era a terra, nudo, senza forze ma era vivo. Mi ha detto ’Aiutami ad alzarmi, non mi lasciare qui’ ma io non l’ho fatto. Secondo me stava morendo, per overdose». Chi parla è Pineiro Reis Duarte Hudson, ovvero ’Patrizia’, la
transessuale brasiliana di 43 anni accusata di omicidio per la morte di Samuele De Paoli, 22 anni appena trovato cadavere mercoledì mattina in un fosso in mezzo alla campagna di Sant’Andrea delle Fratte. Accetta di raccontare a ’La Nazione’ la drammatica notte di sesso e violenza. Lo fa seduta nel piccolo appartamento nel palazzone-alveare più contestato di Perugia – in piazza del Bacio – che divide con un’amica. Si alza dal letto con indosso una vestaglia rosa, sul viso i segni di un pestaggio. Sei accusata di omicidio. L’hai ucciso tu? «No, io sono tranquilla, stavo solo facendo il mio lavoro. Lui è venuto a cercarmi con la mentalità di fare la cattiveria. Non io». Ma quando te l’ha chiesto non lo hai aiutato e non hai chiamato nessuno… «Io ero piena di sangue, io vado via – ho detto – perché quello che hai fatto con me non devi farlo con nessuno, io faccio un lavoro onesto. Se lo aiutavo avrebbe ricominciato a picchiarmi. E no, non ho chiamato nessuno». E ti sei pentita? «Quando sono tornata a casa mi sono messa a pensare se lui stesse bene, ho chiamato il mio autista per chiedergli di andare a vedere se fosse andato via o fosse ancora lì, ma mi ha risposto di lasciar perdere che secondo lui se ne era andato. Aveva la macchina». Ma non sei andata in ospedale? «No, avevo dolore. Non volevo fare niente. La scorsa notte, dopo l’interrogatorio in questura mi ci ha portato la polizia. Ho le costole rotte, devo prendere le medicine». E poi quando hai saputo del ragazzo morto non sei andata alla polizia? «No, quando l’ho saputo ero spaventata. Alle 19.30 (di mercoledì) sono venuti quindici poliziotti qui. Mi hanno portato in questura fino alle 2 del mattino». Ci racconti che è successo martedì sera? «Quel ragazzo mi ha fermato a San Sisto,di solito aspetto i clienti in via Penna. Erano le 20.30, gli ho detto ’tesoro 30 (euro, ndr). Mi ha detto ’Andiamo in un posto qua vicino che conosco. All’inizio mi ha messo un po’ di paura: era strano, si vedeva dagli occhi, penso avesse assunto droga. In auto c’era un barattolo strano e una Ceres». Avete contrattato trenta euro? «Trenta euro ma se facevo le cose per bene me ne avrebbe date 50. Non li aveva e doveva passare in banca». Tu vai spesso in quel posto con i clienti? «No, io di solito scelgo posti con la luce. Avevo paura perché la zona era buia e isolata». Avete litigato? «Mi ha picchiata. Perchè era in difficoltà e non voleva usare il preservativo. Allora ha pensato di farlo fuori dalla macchina ma faceva freddo. E’ sceso, nudo ha fatto il giro dell’auto e ha aperto il mio sportello, mi ha presa per i capelli. Guarda, guarda (dice mostrando un buco nel cuoio capelluto, ndr). Da lì ha cominciato a prendermi a botte, sul viso e qui sulle costole con una mazza, un bastone». Ma tu l’hai afferrato per il collo, ci sono i segni… «Mi aveva preso per un braccio e io gli ho messo la mano al collo, ero piena di sangue, avevo paura». Era molto giovane, magro… «Magro ma forte, io ho lottato contro di lui per proteggermi perché non me l’aspettavo così». E poi? «Stava male, è caduto nel fosso, sarà stato un metro ma non aveva le forze per rialzarsi, mi ha detto ’aiutami, rimani qua’. Gli ho detto ’io vado via’. Pioveva». I soldi? «Ho fatto una palla e glieli ho buttati addosso». Sei andata via a piedi? «Non mi orientavo all’inizio, poi ho chiamato il mio autista privato e mi sono fatta venire a prendere. Mi ha vista pieno di sangue e mi ha chiesto se volessi andare a fare la denuncia o in ospedale, ma io gli ho detto che volevo tornare a casa». Che ora era? «Verso le 21». Sei accusata di averlo ucciso… «E’ morto per overdose o per il freddo. Io non l’ho ucciso». Ma lo hai visto drogarsi? «No, ma in macchina c’era un barattolo strano». Tu fai uso di stupefacenti? «No, bevo». Ti era mai successo? «E’ la prima volta ma sai… esci per lavorare e non sai se poi torni». Quanti clienti incontri ogni sera? «Adesso 2-3. Di solito hanno cinquant’anni, sono sposati e in me cercano trasgressione». E quanto guadagni? «Duetremila euro al mese». Quel ragazzo lo avevi mai visto? «No, mi ha detto che era la prima volta. Ma sai, spesso dicono le bugie».

LO STRAZIO DELLA COMUNITÀ
Il sindaco Lungarotti: «Feriti nel profondo È il lutto più grande, un incubo per la famiglia»

BASTIA – «Come sindaco, a nome dell’amministrazione tutta, ci stringiamo all’immenso dolore che ha colpito la famiglia di Samuele. Per questi familiari, come per tutti coloro che disgraziatamente subiscono tali perdite, è come essere gettati in una grande voragine, in un incubo da cui vorresti svegliarti ma è impossibile. È il lutto più grande, l’ingiustizia più grave e niente e nessuna parola possono aiutare a risollevare l’animo, ferito irrecuperabilmente». Lo sconcerto di un’intera comunità per la morte di Samuele De Paoli, 22 anni appena compiuti il 23 aprile, è tutto nelle parole del primo cittadino di Bastia Umbra Paola Lungarotti che ha affidato sulla propria pagina Facebook un lungo post di cordoglio e vicinanza alla famiglia. Anche la sindaca ha voluto ricordare la figura di Samuele, cresciuto nella piccola frazione di Cipresso insieme alla mamma e ai due fratelli, descrivendolo come un ragazzo «bello, sotto tutti gli aspetti, con tanti amici, con una comunità sportiva, quella calcistica, disorientata, ferita profondamente anch’essa». «Feriti nel profondo – conclude il messaggio – il tempo scorrerà su due binari: quello del passato, dei ricordi, dei giorni felici, della memoria dei pensieri e delle azioni dei propri figli e quello della quotidianità che potrà dare tanto ma non potrà più dare il pieno conforto»

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