Bastia Umbra, dopo-partita infuocato: sedici alla sbarra. Tifoso ferito: sette anni per colui che scagliò il sasso

BASTIA UMBRAIl processo per la maxi-rissa del dopo-partita Bastia-Foligno dell’aprile 2014 è alle battute finali. Il pubblico ministero Gemma Miliani ieri mattina davanti al collegio penale (presidente Carla Giangamboni) ha ricostruito l’accusa e presentato le sue richieste. Gli imputati sono sedici e tutti sono accusati di rissa. Tre devono rispondere anche di aver utilizzato (come strumento atto a offendere) rispettivamente un bastone, una cintura e un fumogeno. Poi c’è M.M. che accusato di tentato omicidio: secondo l’accusa, infatti, la pietra che scagliò all’indirizzo dei tifosi del Foligno colpì uno di loro, anche lui a processo per la rissa. Il pubblico ministero ha chiesto condanne a un anno per undici imputati e a un anno e un mese per altri tre. Per due è stata chiesta l’assoluzione, mentre per M.M. la richiesta è di sette anni e un mese. Nel corso della sua requisitoria il pubblico ministero ha ricostruito le fasi concitate della rissa, in quel dopo-partita. La situazione degenerò nel giro di poco tempo, al termine della partita, e il tifoso del Foligno, all’epoca dei fatti 47enne, secondo l’accusa venne colpito da una pietra riportando «una frattura del lobo temporale e frontale sisinistro»: l’introflessione dell’osso provocò «una lesione encefalica permanente». Secondo la ricostruzione accusatoria, rispetto a quanto emerso dalle perizie discusse in aula, c’è compatibilità tra l’oggetto che ha ferito il supporter biancazzurro e un sasso. M.M. raccontò, in effetti, di aver tirato una pietra ma sostenne che il suo lancio fu all’indietro, a “parabola“ e che i tifosi della squadra avversaria erano a una distanza di oltre venti metri. Secondo il pm, però, «e su questo convergono tutti i periti – ha sostenuto la dottoressa Miliani ieri in aula – venne utilizzata una discreta forza di lancio, il tiro fu dritto e la traiettoria lineare, ad altezza d’uomo». Di certo c’è che il sasso “incriminato“ non è mai stato trovato e che nessuno ha sostenuto di aver visto M.M. lanciare la pietra. Secondo l’accusa, però, a rendere concreta la posizione di colpevolezza ci sarebbe la paura “confessata“ agli amici che la persona a terra potesse non rialzarsi. Paura che, secondo il pm, non avrebbe avuto ragione di esistere se il tiro fosse stato da lontano. La difesa di M.M., che prenderà la parola oggi, sostiene che il tifoso ferito abbia ricevuto un pugno allo zigomo sinistro, abbia perso l’equilibrio sia caduto e, l’impatto contro il marcipiede abbia provocato la lesione cranica. Dopo il pubblico ministero, hanno parlato le parti civili e alcune delle difese. Stamattina si torna in aula. Gli imputati sono difesi, tra gli altri, dagli avvocati Francesco Crisi, Luca Maori e Delfo Berretti.

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