Ieri a Bastia erano oltre 1.100, ma ce la farà solo uno su tre. E molti studenti confessano di averci provato anche l’anno scorso
PERUGIA Ce la farà uno su tre a passare il test d’ingresso alla facoltà di Medina dell’Università di Perugia. Su più di 1.100 iscritti infatti ne saranno ammessi 330: gli altri ottocento dovranno fare altre scelte o riprovarci l’anno prossimo. Già, perché non sono affatto pochi quelli che tentano l’ammissione due o anche tre volte. «Quest’anno le domande saranno più tecniche e meno basate sulla logica – racconta una ragazza prima di entrare nel Centro Fiere di Bastia –. E credo sia meglio, perché l’anno scorso il questionario era troppo generico. E se andrà male ritenterò anche un’altra volta». Come lei ce ne sono molti che riprovano una seconda chance.Ieri dunque è andato in scena a Bastia e in tante altre città italiane, quello che sta diventando ormai una sorta di «rito settembrino», l’ammissione alla Facoltà di Medicina e Chirurgia. E la questione di stretta attualità è sempre la stessa da qualche anno in verità: perché limitare il numero di iscrizioni se c’è una così forte richiesta di medici? «E’ un’incongruenza – dice una 19enne mentre aspetta di entrare – non capisco davvero perché si continui a fare questo test e in questo maniera». Ma c’è chi non la pensa come lei: «Una selezione è necessaria: primo, perché non ci sono spazi adeguati in Ateneo per un numero così alto di studenti. Secondo perché si rischia di imbarcare studenti non motivati» sostiene uno degli aspiranti arrivato da Perugia. «Io sono molto determinata anche quest’anno» confessa una sua amica, confermando di essere una di quelle che ci riprova.Sul perché si scelga di studiare Medicina, le variazioni sul tema non mancano. «Sono sempre stato appassionato» confessa un giovane tifernate, mentre un’altra ragazza racconta di essere stata colpita, quasi folgorata, quando si è recata a trovare un amico malato. «Ho avuto una specie di ispirazione» rivela. E a spiegare i motivi per i quali è ancora necessario il numero chiuso, ci prova Francesco Grignani presidente del concorso indetto dall’Università di Perugia. «Il livello del fabbisogno dei medici va programmato territorialmente – ha spiegato –: se ci fosse il numero aperto per Medicina avremmo medici specializzati tra dieci anni, mentre servono adesso». Ma Grignani annuncia che qui come nel resto del Paese ci saranno novità: «Sarà l’ultimo anno del test in questo modo – ha continuato», ribadendo la necessità di una selezione preventiva. «La preparazione dei sanitari non può essere fatta su numeri troppo elevati. C’è ad esempio la necessità che lo studente entri in contatto con il malato durante il tirocinio. Senza poi contare il rischio-disoccupazione. «Si potrebbe tornare alla situazione degli anni ’80 – ha concluso – quando c’erano medici in abbondanza e il sistema non riusciva ad assorbirli».

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