«ESPORTIAMO IN 115 PAESI, MA MENTE E CUORE DELL’AZIENDA SONO SALDAMENTE A BASTIA»

L’intervista Carlo Giulietti – «Il sessantennale è un punto di partenza: con le idee non ci siamo mai fermati»

ABBIAMO ANTICIPATO TENDENZE PORTANDO LA CULTURA DEL DESIGN NELL’ARREDAMENTO
DEI LOCALI PUBBLICI

La locandina di fornitore ufficiale dei giochi olimpici 1980, il riconoscimento della CocaCola, i banchi frigo e i mobili da bar che hanno segnato il costume italiano e mondiale. Nella nuova sede Isa di Ospedalicchio scorrono i fotogrammi dei 60 anni di storia dell’azienda che oggi vede ai vertici Carlo Giulietti e i figli Marco e Mirco. Un traguardo che l’impresa specializzata nella refrigerazione professionale e nell’arredamento di locali pubblici domani saluterà con una convention al teatro Lyrick di Assisi. Fondata nel 1963 da Francesco Rossi, suocero di Giulietti senior, come attività commerciale per la distribuzione di macchine e arredamenti, nel 1965 l’azienda è diventata la piccola realtà artigiana Sar, Scaffalature arredamenti Rossi, acquisendo l’attuale denominazione Isa, Industria scaffalature arredamenti, nei primianni‘70. Signor Giulietti, non è da tutti tagliare tale traguardo. «Per noi è una festa, un modo per parlare dei nostri programmi perché consideriamo questi 60 anni non un traguardo, ma un punto di partenza, pensando che di fronte ce ne saranno altrettanti». Qual è il segreto di questa longevità imprenditoriale. «Ogni imprenditore ha un’idea dell’industria, la nostra è sempre stata quella di fare sviluppo, investendo, facendo innovazione e ricerca, caratteristica da sempre nel Dna aziendale. Me ne sono reso conto guardando in tv un programma sulle Olimpiadi 1980: la Isa era fornitore ufficiale degli arredamenti per bar dei villaggi di Mosca e Tallin. Firmammo il contratto nel 1977, per l’epoca fu una cosa eccezionale». A Mosca in realtà eravate già arrivati. «Nel 1976 collaborammo con Martini& Rossi alla realizzazione dell’arredamento della terrazza Martini: era la prima insegna pubblicitaria non russa a campeggiare nella piazza Rossa.Neparlò tutto il mondo, fu uno slancio verso le Olimpiadi». Cosa si diceva di questo legame conl’ex Urss? «Che avessimo agganci, ma non abbiamo mai fatto politica. È stata una casualità, come quella che, a margine dell’apertura della terrazza a Mosca,ci portò a fornire tre arredamenti che solo dopo due anni scoprimmo essere destinati alla buvette del Cremlino. Da lì si è sviluppata la nostra presenza in Russia e, paradossalmente, anche negli Usa». Com’è andata con gli americani? «Inizialmente ci vedevano come comunisti italiani a Mosca. Poi iniziammo
ad avere contatti con un’azienda che faceva macchine per gelati ma la svolta fu con Dino De Laurentis che nel 1981 creò il marchio Ddl Food Show, precursore dell’attuale Eataly. I nostri arredamenti “tecnici” finirono così in due locali a New York e in uno a Beverly Hills».
Il business estero è stata una costante. «Già dagli anni ‘80 il70-73% del fatturato era rivolto all’estero. Nel 1987 avevamo 260 dipendenti e 32 miliardi di lire di fatturato; oggi, compresi gli stagionali, siamo in 730 con un fatturato di circa 130 milioni di euro». Uno slancio che affonda le radici neglianni’80. «Allora percepimmo che il concetto di prodotto come bene strumentale stava cambiando e con Giugiaro siamo stati i primi a introdurre il design funzionale. Abbinare tecnologia e arredamento, innovazione ed estetica erano valori non ancora intercettati ma che l’esercente avvertiva. Così,abbiamo iniziato a lavorare su ecologia, design, servizio ed ergonomia: quando entrarono in vigore le norme sulla conservazione degli alimenti, avevamo già le certificazioni». Siete sempre stati “anticipatori”. «Ce lo ha riconosciuto il mercato. Nei primi anni ’90, ad esempio, iniziammo a concepire il design dei mobili da bar come “ambientazione” contattando architetti di fama mondiale come Antonio Citterio, Philippe Stark o Gae Aulenti che prima di lavorare all’aeroporto San Francesco ha progettato le nostre collezioni. Abbiamo portato la cultura del design nell’arredamento di un locale pubblico».
Oggi come si colloca la Isa nel mercato?
«La nostra è un’azienda complicata da descrivere: non possiamo dire facciamo arredamenti, è un’attività complessa da incasellare. Forniamo il settore dei pubblici esercizi, ma anche la grande distribuzione, siamo fornitori di grandi brand “food & beverage”, ma ci occupiamo anche del negozietto di pasta fresca di paese. Abbiamo comunque idee chiare». Ad esempio?
«Vogliamo continuare a fare innovazione vera, mantenendo una realtà radicata nel territorio pur continuando a crescere esternamente. Abbiamo fatto acquisizioni a Lucca e a Mantova, esportiamo in 115 paesi ma siamo rimasti legati all’Umbria: la mente e il cuore sono sempre stati a Bastia dove ha luogo l’intera produzione. La Isa è stata fondata dalla famiglia di mia moglie ma quando nel 2010 i fratelli hanno lasciato, pur conoscendo i rischi dell’operazione, coi miei figli abbiamo deciso di dare continuità al progetto».
Il ricambio generazionale, quindi,è assicurato.
«Avevano scelto di lavorare in azienda prima di tale passaggio. Marco da direttore generale è diventato amministratore delegato, mentre Mirco si occupa della parte tecnica, responsabile della ricerca e sviluppo. Io da presidente porto un contributo soprattutto di esperienza».
Il capitale umano un altro vostro punto di forza.
«L’innovazione di prodotto e organizzativa la sperimentiamo in casa, con la digitalizzazione ma anche con la formazione. Il nostro modello industriale è fondato sullo sviluppo delle persone: da tre anni abbiamo lanciato un’accademia interna per formare sulla parte tecnica e sulle soft-skills coinvolgendo 160 dipendenti. Siamo tra i pochi ad aver avviato un percorso sulla neuro-leadership che ha coinvolto altri 80 addetti, tra responsabili e professionals».
Ora in che direzione guarda l’azienda?
«Verso le tendenze attuali, lavorando per tenere il mondo più pulito: siamo tra le prime aziende coi bilanci certificati per la sostenibilità. Abbiamo anche ottenuto riconoscimenti: nel 2012 Coca Cola ci ha premiati come miglior fornitore per aver dimostrato che un frigorifero con gas naturale era più efficiente di quello con gas sintetico. Lo abbiamo dimostrato fornendo gli armadi Coca Cola per le Olimpiadi di Vancouver».
In alcuni segmenti si può che Isa sia leader.
«È una parola che non amo, esprime presunzione. Posso dire che il mercato riconosce la peculiarità e l’innovazione tecnologica dei nostri prodotti, avendo inserito categorie inedite, pensate, sviluppate e realizzate da Isa. A livello dimensionale ci sono realtà maggiori, ma non ci interessa competere sulla quantità. La nostra è una filosofia banale: inseguiamo il sole, facendo prodotti per la refrigerazione, con strategia pluriprodotto e plurimercato. Questo richiede uno sforzo enorme: a dispetto della globalizzazione resistono infatti barriere tecniche e normative che complicano l’export verso certi Paesi, vedi Brasile o Australia».
Fabio Nucci

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