L’8 agosto 2015 Antonio Perrella si era arrampicato sulla recinzione, ma il supporto era “corroso per ossidazione”

Imputati due dipendenti comunali e il responsabile della cooperativa di manutenzioni

di Francesca Marruco

BASTIA UMBRA Al momento della rottura, lo spessore del palo che in origine era di 4 millimetri, misurava meno della metà: appena 1,5 millimetri. Si era “corroso per ossidazione”, come hanno accertato le perizie disposte dal sostituto procuratore Mario Formisano in seguito alla morte di Antonio Perrella, il 15enne che l’8 agosto del 2015 rimase schiacciato da quel palo della recinzione del campo di calcetto di Bastia Umbra. Ci si era arrampicato assieme a un amico. Per quella tragedia, ieri il gip Lidia Brutti ha disposto il rinvio a giudizio di tre persone, accusate di omicidio colposo. Si tratta dell’allora responsabile ai Lavori pubblici e del responsabile del Servizio impianti e infrastrutture del Comune di Bastia Umbra, assieme al presidente della cooperativa addetta alla manutenzione delle aree verdi di competenza comunale. Tutti e tre dovranno difendersi dall’accusa di aver causato, con la loro negligenza, la rottura del palo. Antonio era fuori a giocare a calcetto con i suoi coetanei e, assieme a uno di loro si era arrampicato su per la rete para palloni. Ma il palo, alto cinque metri, si era pie- gato in due ed era caduto sopra di lui. Secondo il capo d’imputazione, “tale evento non si sarebbe verificato se” i tre imputati “avessero adeguatamente vigilato sulle condizioni di sicurezza dell’impianto pubblico, atteso che la rottura del palo avveniva per collassamento cagionato dalla corrosione per ossidazione”. Nello specifico, i due dipendenti dell’amministrazione, sono accusati di non aver “previsto” né “disposto” una “minima attività di manutenzione  dell’impianto con verifica della stabilità e della efficienza dei pali nel corso degli anni”. Non solo, il magistrato spiega che “nessuna attività era stata effettuata dal Comune di Bastia Umbra”. Il titolare della cooperativa che gestiva le aree verdi avrebbe invece dovuto segnalare “come previsto nel contratto di appalto la necessità di manutenzione dei pali, anche straordinaria e provveduto alla manutenzione ordinaria, ovvero la verniciatura dei pali con sostanze anticorrosive e altri accorgimenti per evitare l’ossidazione”. I tre imputati, che escludono la loro responsabilità, sono difesi dagli avvocati Francesco Falcinelli, Fernando Mucci, Marco Marchetti e Andrea Menichetti. I familiari del ragazzino, che quella sera d’agosto morì tra gli sguardi attoniti dei suoi coetanei senza che nessuno potesse fare niente per salvarlo, si sono costituiti parte civile con l’avvocato Giugni del foro di Roma. Il processo inizierà il 3 ottobre prossimo.

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