Se fosse per noi i rifiuti domestici li faremmo evaporare con un soffio magico, che è l’arte di lavorare il vetro ma anche il potere di far crescere o far sparire gli oggetti come nella favola di Biancaneve.
In campagna, nel passato, le poche cose che restavano sul tavolo finivano nel camino o venivano recuperate in qualche modo, ma c’era veramente poco da smaltire nelle case di una volta. Nelle città, poi, si buttava quasi tutto dalla finestra. In qualche caso proprio tutto, ma questo ai tempi di Boccaccio. Così, l’idea di doverci occupare delle cose che non ci servono più non arriva in modo naturale nella nostra mente oppressa dal logorio della vita moderna.
Noi pensiamo a consumare, che è il nostro compito primario, insieme al lavoro, si capisce, e a ciò che resta ci pensino gli altri.
Il camino sempre acceso in città è un lontano ricordo e il nostro cagnolino usa le crocchette. Chi pensa ai rifiuti? Beh, lo sappiamo chi pensa ai rifiuti, ma chi ci pensa non entra nelle nostre case, al massimo ci aspetta fuori. Dunque, per un breve tratto del loro lungo cammino questo compito spetta a noi.
Dalla cucina alla strada. Sappiamo anche dove va a finire tutto ciò che non ci serve, ma non ci pensiamo troppo spesso. Le discariche stanno lontane e gli inceneritori, quando ci sono, ancor di più. Protestano solo coloro che ci debbono convivere, le famiglie che hanno la sfortuna di viverci vicino. Così, questo fastidio che dobbiamo sopportare per azzeccare il colore giusto dei sacchetti di plastica che custodiscono per qualche giorno la nostra identità di consumatori e le modeste pratiche da seguire per arrivare al portone di casa ci sembrano un sacrificio, un fastidio talvolta una fatica. Sono almeno trent’anni che cerchiamo la formula giusta per smaltire al meglio tutto ciò che resta nelle nostre case e che non si può distruggere e tantomeno buttare dalla finestra.
Ci stiamo arrivando un po’ alla volta ecomunque sempre troppo lentamente. Ora c’è questa storia dei mastelli che sostituiscono alcuni giorni della settimana le nostre vecchie buste abbandonate vicino al portone di casa.
E’ vero, i mastelli sono un po’ grandi per le nostre piccole cucine del centro e ci rubano lo spazio. Ci sono famiglie grandi e persone sole. C’è chi deve smaltire i pannolini e chi i pannoloni. Poi c’è la lettiera del gatto ma, soprattutto, c’è un mare infinito di plastica di tutti i formati e di ogni spessore finché non si arriva a quella così sottile che non si sa più a quale genere di rifiuto appartenga.
La parola magica, in questo caso, si chiama, lo sappiamo da tempo, raccolta differenziata. E’ il minimo che possiamo fare in un mondo dove la questione ambientale tocca direttamente e sempre più da vicino il nostro futuro. Discutere di buste e di mastelli non ci serve. La Gesenu e il Comune hanno fatto un passo in avanti.
Magari c’era bisognodi più informazione e di qualche giorno ancora per allenarsi alle difficoltà dei cambiamenti che non sono, certo, insormontabili. Smettiamola di perdere la pazienza e, in qualche caso, anche il decoro civico. In giro c’è ancora troppa confusione
e poca responsabilità e non possiamo sempre prendercela con qualcun altro. Non ci possiamo fermare alla lamentazione sulle buste di plastica e sulla dimensione dei mastelli. Nello stesso tempo occorre che il Palazzo si renda conto che questa battaglia si può vincere solo con un grande consenso dei cittadini, aprendo le finestre, facendo di questa questione una delle grandi sfide alle quali chiamare tutta la città. Sappiamo come è messa Gesenu, almeno da ciò che leggiamo sui giornali, poi dovremmo capire meglio come funziona questa
scommessa della raccolta differenziata.
Come va il recupero della carta? e quella del vetro? E le tariffe sono quelle giuste o c’è chi tira un po’ troppo dalla sua parte in una società che è a capitale misto? Insomma, in che mani stiamo e dove vanno a finire i nostri palloncini colorati? Poi c’è il fenomeno dell’evasione legata agli appartamenti fantasma, alla cosiddetta economia in nero. Insomma, c’è troppa gente che non paga e questo non rafforza le ragioni di chi cerca di fare il proprio dovere. Infine, dovremmo sapere che i rifiuti possono essere una risorsa e la raccolta differenziata una scelta chiara, senza ombre.
Solo che viviamo in un paese dove questa battaglia è patrimonio di una minoranza. Il governo pensa a imporre un po’ ovunque e persino in Umbria un programma per la realizzazione di quei mostri che chiamano graziosamente termovalorizzatori. Ci dicano una volta per tutte cosa vogliono fare in questo paese dove c’è troppo inquinamento, troppi territori indifesi, troppe discariche abusive, troppi interessi melmosi
sullo smaltimento dei rifiuti.
I nostri mastelli sono una virtù o una presa in giro?
Renzo Massarelli
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