Dopo due settimane di detenzione accolta la richiesta della difesa della cooperativa
Resta agli arresti domiciliari il tecnico dell’Arpa Bagnetti

PERUGIA – Hanno lasciato il carcere d. Capanne dove erano rinchiusi dal 29 luglio i membri della Codep Graziano Siena, Rinaldo Polinori, Giovanni Mattoni e Nicola Taglioni che ottengono gli arresti domiciliari. Torna libero anche l’allevatore Massimo Mencarelli che non aveva chiesto la revoca del provvedimento della Procura perugina. Resta invece agli arresti domiciliari a Bastia Umbra il tecnicc Arpa Antonio Bagnetti. Revocata la sospensione dal lavoro anche per la responsabile territoriale Arpa, Susanna D’Amico. La decisione del tribunale del Riesame coglie tutti di sorpresa e arriva nel tardo pomeriggio quando già tutti pensavano all’ennesimo rinvio. Una decisione che in sostanza conferma l’impianto accusatorio della Procura che vede nella cooperativa che gestisce l’impianto di depurazione dei reflui degli allevamenti zootecnici un’associazione per delinquere che sulla base dei propri interessi avrebbe seguito una condotta tale da provocare il disastro ambientale e l’avvelenamento di pozzi e terreni tra Bettona e Bastia. Restano gli indizi e la gravità dei reati loro imputati, certo, ma il Riesame non avrebbe ravvisato la possibilità di inquinamento delle prove e di reiterazione dei reati e dunque avrebbe optato per una misura meno dura per i quattro soci Codep da due settimane in carcere. “Siamo molto soddisfatti – ha commentato a caldo l’avvocato della cooperativa Alessandro Bacchi – è passata l’intera linea difensiva de] Cda della Codep”. Il legale ora si riserva di leggere la motivazione della sentenza convinto della assoluta innocenza dei suoi assistiti per i quali pensa già di ricorrere in Cassazione per la revoca anche degli arresti domiciliari. E si dice soddisfatto anche l’avvocato Francesco Falcinelli, in merito alla scarcerazione di Mattoni e Taglioni “per un provvedimento che restituisce gli arrestati all’affetto dei familiari”. L’indagine.   Al centro dell’inchiesta del sostituto procuratore Manuela Comodi e affidata ai carabinieri del nucleo ecologico c’è l’impianto di trattamento di reflui zootecnici di proprietà del comune di Bettona gestito dalla cooperativa Codep. Reflui provenienti dagli allevamenti di Bettona, Bastia e Cannara e acque di vegetazione di frantoi oleari. Scopo dell’azienda è la depurazione dei reflui mediante biodigestore anaerobica e fasi successive per l’estrazione di biogas per la produzione di energia elettrica. Dopo il trattamento si ottengono reflui solidi da stoccare su platea e reflui liquidi da stoccare nella laguna da 90.000 metri cubi. Alcuni dati: all’impianto sono pervenuti oltre 300.000 metri cubi di reflui all’anno (386.000 nel 2006) principalmente per mezzo di condotte fisse intervallate da vasche di rilancio; dal trattamento, inoltre, derivano circa 9.000 tonnellate annue di fanghi; 42 le aziende collegate (dal 2008 ridotte a 21); 140.000 suini allevati nel comprensorio (dati rilevati dalla relazione tecnica del gestore per l’anno 2006). I rifiuti liquidi e solididerivanti dal trattamento venivano avviati a spandimento agronomico mediante un anello irriguo fisso di oltre 40 km. di estensione. Dall’estate 2007, in conseguenza dei controlli, sono state usate anche autobotti. L’accertamento del Noe ha evidenziato il mancato funzionamento di parti dell’impianto per riduzione costi gestione e massimizzazione profitti; l’utilizzo di insufficienti superfici di terreno (circa 300 ettari contro i circa 2.000 necessari); comunicazioni agronomiche mai presentate (né richieste dagli organi di controllo) sino all’inizio delle indagini; successivamente dichiarati disponibili terreni inutilizzabili o inutilizzati (sempre in assenza di controllo); inquinamento di pozzi privati; smaltimento incontrollato sui terreni (impossibili le quantificazioni); smaltimento indiscriminato sui terreni (impaludamenti e spandimenti con terreni saturi di acque piovane). In base alle indagini dunque sarebbero emersi continui artifizi per la continuazione delle attività illecite di smaltimento, la complicità nelle condotte di appartenenti a strutture pubbliche di controllo (Arpa), la non rintracciabilità di notevoli quantitativi di rifiuti sia liquidi che solidi, l’espulsione di aziende socie, l’inquinamento delle acque superficiali.

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