Per gli inquirenti il 20enne rumeno avrebbe colpito la vittima con un calcio alla testa quando era ancora a terra

Arrestato a settembre in Germania finora non era stato possibile riportarlo in Italia

di Flavia Pagliochini
BASTIA UMBRA Estradato in Italia il quarto uomo indagato per l’omicidio di Ferragosto a Bastia Umbra che ha visto come vittima il giovane 25enne spoletino Filippo Limini: Valentino George Neculai, 20 anni compiuti a maggio, romeno residente a Bastia Umbra ma di fatto senza fissa dimora, è stato estradato in Italia. E’ transitato per il carcere di Bolzano prima di arrivare in Umbria. Al contrario degli altri tre indagati – Brendon Kosiqi,
19 anni, Denis Hajderlliu, 20 anni, e Kevin Malferteiner, 24 anni, difesi dagli avvocati Delfo Berretti, Aldo Poggioni e Daniela Paccoi, arrestati subito dopo i fatti – il giovane era riuscito a fuggire. Era stato arrestato a
settembre in Germania su mandato di cattura europea, non per le accuse di omicidio preterintenzionale, rissa aggravata e lesioni che lo accomunano agli altri tre coinvolti nei fatti di Ferragosto, ma per lesioni colpose,
compiute quando era ancora minorenne, per cui è competente l’autorità giudiziaria romena. Il legale del giovane, Francesco Cinque, aveva chiesto l’estradizione in Italia, dove Valentino è accusato di reati più gravi.
Secondo l’accusa e la prima ricostruzione basata sulle indagini dei carabinieri della compagnia di Assisi, guidati dal tenente colonnello Marco Vetrulli, e sulle testimonianze di chi ha assistito ai fatti proprio Valentino
avrebbe colpito Filippo con un calcio quando era ancora a terra. Dopo una rissa verbale e fisica sia nel locale che per strada tra i due gruppi di giovani, quello spoletino e quello bastiolo, Filippo Limini, operaio di 25 anni
era stato colpito al volto da un pugno sferrato da Hajderlliu e poi investito dall’auto condotta da Kosiqi. Arrestati dai carabinieri poche ore dopo i fatti, per loro il pm Paolo Abbritti aveva chiesto il carcere, ma il gip
Natalia Giubilei aveva deciso di concedere gli arresti domiciliari, perché pur rilevando la “sussistenza delle esigenze cautelari per il concreto pericolo di reiterazione del reato” e che “gli indagati hanno dato dimostrazione, nell’occasione, di non riuscire a controllare i propri impulsi violenti, come emerge dalle modalità della condotta, originatesi per motivi assolutamente futili”, aveva rilevato come “dall’altra parte vi era un gruppo di persone ben più nutrito, tra cui la vittima, che è si è contrapposto con una violenza addirittura superiore se si tiene conto dell’inseguimento e dell’aggressione con corpi contundenti, come attestano gli ingenti danni
alla vettura”. Ora i legali delle parti (incluso Alberto Maria Onori, legale della famiglia) sono in attesa della perizia chiesta dal giudice per le indagini preliminari: l’investimento da parte dell’auto rimane la
causa della morte più probabile del giovane 25enne, ma non si esclude che calci e pugni possano aver contribuito, o addirittura essere stati fatali.

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