Grosseto, le perizie sull’attrezzatura e sul sangue delle vittime

RESPONSABILITÀ Gli inquirenti indagano per scoprire come il gas sia entrato negli impianti

Cristina Rufini
GROSSETO-UCCISI dal monossido di carbonio. Ciò che fino ieri era un’ipotesi, la più accreditata, ora è certezza. Nelle tre bombole noleggiate al diving di Talamone e utilizzate dai sub umbri Fabio Giaimo, Gian Luca Trevani ed Enrico Cioli è stata rilevata la presenza di monossido di carbonio, gli stessi «elevati quantitativi di monossido» che hanno avvelenato le tre vittime, come riscontrato anche dagli esami tossicologici eseguiti sui corpi dei sub nel corso delle autopsie.

RESPONSO che non lascia scampo: ingenti tracce di carbossiemoglobina (monossido di carbonio che contamina l’emoglobina) scoperte nel loro sangue, una miscela letale, soprattutto sott’acqua e a quelle profondità. Rabbia che si aggiunge all’immenso dolore dei familiari, come ha dichiarato l’avvocato Giovanni Spina, legale dei familiari di Giaimo e Trevani: «Un atto gravissimo che ha causato la morte dei congiunti e che verrà perseguito con forte determinazione e con ogni mezzo consentito dall’ordinamento». Sono bastati pochi minuti ieri mattina nel laboratorio della Siad a Osio di Sopra, nel Bergamasco, per rilevare che in quelle maledette bombole non c’era soltanto aria. Che invece di far respirare hanno avvelenato, soffocato i tre sub. Ma come c’è finito quel veleno? E soprattutto, soltanto in quelle fra le trenta che sono state sequestrate al diving Abc Sub? Quasi come se per Giaimo, Trevani e Cioli si fosse trattato di una roulette russa persa. «Dobbiamo capire proprio questo — ha spiegato il procuratore capo Francesco Verusio —. Saranno esaminate tutte le altre bombole. Dobbiamo risalire a come sia stato possibile che ci sia entrato monossido di carbonio». Ricostruire come sono state riempite — sembra tutte le notte precedente —, in quale ambiente e soprattutto se sia vero che alcune siano state rabboccate in un secondo momento.

RICOSTRUZIONE che attende anche l’unico indagato, al momento, per omicidio colposo plurimo, Andrea Montrone, titolare del diving di Talamone. Ieri non se l’è sentita di commentare. Per lui ha parlato il legale che lo assiste, l’avvocato Riccardo Lottini. «Dire che il mio assistito sia sicuramente colpevole appare prematuro. Quanto fin qui emerso rappresenta il primo passo, ma molti aspetti devono essere chiariti. Ad esempio come il monossido sia finito nella bombole. Montrone ha eseguito la stessa procedura fatta centinaia di altre volte. Peraltro vorrei sottolineare che lui stesso, quella domenica, ha utilizzato quelle bombole. Il tutto nel rispetto più assoluto del dolore dei familiari». Ma non è finita qui. Agli atti dell’inchiesta coordinata dal sostituto Stefano Pizza, sarebbero state acquisite le analisi di Marco Barbacci, un altro sub del gruppo di otto che domenica 10 raggiunse il mare alle isole Formiche. Barbacci si fece visitare il giorno successivo alla tragedia e gli sarebbe stato riscontrato un valore alto della stessa carbossiemoglobina: questa sarebbe la quarta bombola. È andata bene anche lui. Giaimo, medico anestesista di 57 anni, nel battersi il petto sott’acqua forse si è accorto che qualcosa non andava. Ha cercato scampo risalendo in superficie. Non ce l’ha fatta. Di Trevani e Cioli, 37 e 32 anni, nessuno può raccontare gli ultimi istanti di vita. Erano soli. Fabio Tancetti che era con Giamo, ieri, si è dichiarato: «Un miracolato».

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