OMICIDIO MASCIOLINI  Il quarto arrestato in tribunale per la convalida



  • Operazione dei carabinieri è avvolta in uno stretto riserbo

  • Si cerca il basista che segnalò un «tesoro» in quella casa 
     

 PERUGIA — Si è avvalso della facoltà di non rispondere il quarto uomo arrestato per l’omicidio di Luigi Masciolini, vittima di una rapina stile «arancia meccanica» nella notte del 24 settembre 2004. Il giostraio incastrato dalle indagini dei carabinieri per il quale il pubblico ministero Manuela Comodi (nella foto) ha firmato un fermo di indiziato di reato. Sui contorni dell’operazione che ha portato le manette ai polsi dell’uomo resta uno stretto riserbo. L’indagato, difeso dall’avvocato Francesco Cappelletti, è stato sentito ieri mattina per l’udienza di convalida del fermo di indiziato di reato dal gip Claudia Matteini.
Al giostraio i militari sarebbero arrivati dopo il fermo delle altre tre persone accusate di aver messo a segno la rapina in casa Masciolini: Dante Hemig, 45 anni di Pisa, Thomas Poropat ventitreenne, e Bruno Albini, 33 anni, residente a Città di Castello ma originario di Perugia. Tutti giostrai. Fu proprio Albini con una pseudo-confessione «in diretta» intercettata nelle stanze del carcere, che in realtà altro non era se non una conversazione con un parente, a chiarire agli inquirenti le idee su come andarono i fatti in quella tragica notte. Una rapina che finì nel peggiore dei modi: Luigi Masciolini, 86 anni, non sopravvisse alle percosse e morì per un arresto cardio-circolatorio dovuto con tutta probabilità anche al fatto di essere stato a lungo imbavagliato. In casa in quella maledetta serata c’era anche la moglie, che rimase ferita e subì un forte choc. I due vennero minacciati e picchiati per ore: i malviventi volevano sapere dove fossero i soldi. Erano convinti, infatti, che in quella modesta casa di Ospedalicchio, ci fosse un bel gruzzoletto, probabile frutto della vendita di un terreno. Ma non c’erano che pochi spiccioli: i rapinatori se ne andarano con alcune migliaia di euro. Stando alle indiscrezioni, il quarto uomo non sarebbe il basista di cui si parlò subito dopo l’arresto di Hemig, Poropat e Albini. L’insistenza dei rapinatori nel chiedere denaro che non c’era, ha fatto pensare da subito, infatti, alla possibille complicità di un basista. La stessa ferocia con cui vennero trattati i due coniugi si spiegherebbe proprio così: con la ricerca di un «tesoro» che qualcuno avrebbe dato come certo all’interno della casa dei Masciolini. Tesoro che non fu mai trovato ma che costò comunque la vita all’ottantaseienne. 

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