LA BATTAGLIA LO SOSTIENE IL PRESIDENTE DELL’AUTORITÀ ANTICORRUZIONE ‘INTERROGATO’ A RIGUARDO DAI CINQUE STELLE
CONSIGLIO REGIONALE Ora la vicenda finisce sulla scrivania della presidente Porzi
BASTIA UMBRA –«IL FIGLIO del Garante regionale è socio della cooperativa che percepisce soldi pubblici». Piccolo Carro, ancora al centro della bufera. Stavolta però sotto la lente – niente meno che per mano dell’Autorità nazionale anticorruzione – è finita la garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza, Maria Pia Serlupini.
IL PRESIDENTE Anac Raffaele Cantone, su parere richiesto dal consigliere regionale M5S Maria Grazia Carbonari, ha infatti firmato una nota che parla di «accertata violazione» rispetto a un presunto conflitto d’interesse tra l’attività della Garante e la cooperativa per minori disagiati, il cui figlio risulterebbe tra i soci della coop stessa. Cantone scrive anche: «Sembrerebbe che la Garante abbia taciuto sulla situazione, non provvedendo a comunicare la sussistenza del conflitto al responsabile della prevenzione e della corruzione», invitando la Regione alle opportune valutazioni. Ma, ricevuta la nota Anac, è stato lo stesso responsabile regionale a «rimbalzare» la decisione all’assemblea legislativa. Nella specifica risposta a Cantone, infatti, si legge che «Maria Pia Serlupini non è inquadrata come dipendente pubblico contrattualizzato della Giunta regionale e pertanto non può alla predetta essere applicato il codice di disciplina dei dipendenti pubblici», quindi «non compete al Responsabile della Prevenzione della Corruzione della Giunta della Regione svolgere valutazioni sulla fattispecie accertata dall’Anac a carico del Garante per l’infanzia». Ed è così che la vicenda finisce sulla scrivania della presidente del Consiglio regionale, Donatella Porzi.
I PENTASTELLATI chiedono a gran voce le dimissioni o la decadenza del Garante, e attaccano: «Serlupini nel ruolo istituzionale che ricopre partecipò a vari incontri con i coniugi Aristei-Salerno (titolari della coop, ndr) e fece una visita ufficiale alla cooperativa che non aveva le autorizzazioni per svolgere l’attività socio-sanitaria che invece svolgeva, percependo dal settore pubblico altissime rette giornaliere (quasi 400 euro al giorno per ospite), che negli ultimi anni portarono alla cooperativa fatturati di circa cinque milioni annui».
Sara Minciaroni

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