La corte d’appello di Perugia condanna una compagnia al risarcimento
Una donna di Palazzo vince la battaglia contro il cartello dei prezzi
Patrizia Antolini
ASSISI – Stavolta paga l’assicurazione. Stavolta il cittadino onesto, che non ha più tasche per tirare fuori soldi per tasse, gabelle e burocrazia, ha avuto ragione. La corte d’appello di Perugia ha condannato una compagnia assicurativa a risarcire una cinquantenne di Palazzo di Assisi che per cinque anni aveva “pagato un premio di polizza superiore a quello che l’assicurato avrebbe pagato in condizioni di libero mercato”. Nel 2000 sono state 39 le compagnie che secondo l’Agcom, Autorità garante per la concorrenza e il mercato, hanno costituito un “cartello dei prezzi” delle polizze e ora stanno arrivando i risarcimenti per migliaia di utenti gabbati. Risarcimenti minimi ma se messi uno sull’altro fanno cifre a quattro o cinque zeri. E per una volta Pantalone non paga. Perché ha il sapore della vittoria simbolica. Della soddisfazione personale più che della rivalsa economica, la sentenza emessa dalla sezione civile della corte d’appello di Perugia il14 giugno, presieduta dal giudice Sergio Matteini Chiari, le cui motivazioni sono state depositate in cancelleriail20 ottobre scorso. E presto potrebbero arrivarne altre. La storia Il 23 dicembre 2003, sette anni fa ormai, la signora S.T., assistita dall’avvocato Maurizio Piccinno, porta davanti al giudice di pace di Assisi la sua compagnia
d’assicurazione per la polizza auto. La signora sostiene che la maggiorazione dei premi pretesa dalla società nel corso degli anni relativamente alla sua polizza stipulata nel 1995, era, si legge nella sentenza della sezione civile della corte d’appello, “in conformità ad un cartello posto in essere dalle compagnie di assicurazioni per livellare verso l’alto i prezzi delle polizze assicurative”. A suo sostegno porta una delibera dell’Agcom del 2000 che aveva condannato 39 compagnie, compresa la sua, ad una pesante sanzione amministrativa proprio per aver posto in essere un cartello. A ciò aggiunge una sentenza del Tar del Lazio che aveva quantificato gli aumenti indebiti in una misura pari al 20 per cento dei premi pagati. Insomma la signora ha buone carte in mano da giocare. “La condotta della compagnia – si legge ora sulla sentenza – aveva violato i principi della correttezza, diligenza e buona fede che devono presiedere alla formazione ed esecuzione dei contratti nonchè il divieto di intese in danno dei consumatori”. La compagnia, rappresentata dall’avvocato Luca Maori, contesta da subito le richieste della assisana ipotizzando subito l’incompetenza per materia del giudice di pace in favore della corte d’appello territoriale competente. Il giudice di pace, nel luglio 2005, dichiarala propria incompetenza in base a una decisione delle sezioni unite della Corte di cassazione del 2005. Ma non è finita: la compagnia, una volta davanti la corte d’appello perugina, avanza la competenza alla corte d’appello di Bologna, sede legale della compagnia e l’ipotesi di prescrizione del reato. Ma stavolta i giudici perugini rigettano le eccezioni della difesa. Perché, in sostanza, il versamento dei premi maggiorati è avve- nuto nel luogo di residenza della assisana. Mentre il termine di prescrizione “inizia a decorrere dal momento in cui il danneggiato ha avuto sufficiente conoscenza del danno subito”. La sentenza Passando a esaminare la controversia “l’adesione della compagnia assicuratrice al cartello – scrive il giudice nella sentenza – che sarebbe stato attuato mediante la realizzazione di uno scambio di dati tra le compagnie aderenti sotto il nome di osservatorio, rappresenta circostanza incontrovertibile” dal momento la sanzione da parte dell’Autorità garante è divenuta definitiva. L’adesione al cartello aveva lo scopo, scrive il giudice, “di impedire una reale concorrenza tra le aderenti al fine di garantire la possibilità di richiedere ai propri clienti premi più elevati senza il pericolo di essere dagli stessi abbandonati per compagnie che avessero preteso premi più bassi”. Dimostrato questo, resta da quantificare l’importo del risarcimento. “Il danno può essere liquidato in via equitativa – dice la sentenza – tenuto conto della differenza tra aumento percentuale dei premi pretesi dalla compagnia convenuta ed aumento medio dei premi che sarebbe stato determinato in assenza dell’adesione al cartello”. In sostanza per la cinquantenne di Palazzo la cifra si aggira attorno a poco meno di un centinaio di euro. Ma a volte quel che conta è il principio.

Corriere-2010-11-11-pag31

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