IL CASO «PICCOLO CARRO»
Salerno: «Siamo i più costosi ma da noi i ragazzi guariscono»
Le ragazze morte  Un grandissimo dolore la tragica fine di Sara Bosco e Daniela Sanjuan,morte dopo la fuga dalla struttura
di SARA MINCIARONI
BASTIA UMBRA –«LA NOSTRA cura è l’amore». Disegni, musica, camerette colorate, abbracci, sorrisi e tanto spazio verde. La Cooperativa Piccolo Carro si presenta. ««Se fino ad oggi siamo stati poco conosciuti – hanno spiegato ieri mattina i responsabili nel corso di un open day dedicato alla stampa – è perché abbiamo il dovere della riservatezza per tutelare i nostri ospiti. Ma la pressione mediatica ora ci spinge a voler far conoscere la nostra realtà»». Settantatré dipendenti, di cui oltre l’80 per cento a diretto contatto con i ragazzi e 15 consulenti esterni. Un fatturato da 5 milioni con un utile, lo scorso anno, di oltre duecento mila euro. Circa duecentomila euro anche di capitale sociale ed un patrimonio che comprende anche l’unica struttura (in totale sono sei) di proprietà: un bellissimo casale antico immerso nel verde ai piedi di Ripa con campo da calcio, maneggio e un forno a legna da cui ieri il personale della cooperativa, che si occupa di ragazzi in difficoltà, hanno sfornato pizze calde a profusione.
A FARE da ciceroni Cristina Aristei e Pietro Salerno, psicologi entrambi, marito e moglie. Hanno cinque figli, di cui tre adottati proprio tra i 700 ragazzi che nei 20 anni di attività (la ventunesima candelina verrà spenta a gennaio) sono passati dalla struttura. La loro posizione al momento è quella di iscritti al registro degli indagati, perché la procura di Perugia ipotizza la frode in pubblica fornitura e truffa ai danni di Enti proprio sull’attività del Piccolo Carro. Gli accertamenti sono ancora in fase di indagini preliminari ma il sospetto è che la manovra di aggirare l’esclusione della concessione per trattamenti di natura sanitaria servisse proprio per guadagnare di più. Ovvero 400 euro al giorno, invece che le 150 per il solo trattamento socio educativo.
SPIEGA l’avvocato Massimo Marcucci, «Il Piccolo Carro è una comunità socio educativa, la polemica è sorta in merito alla somministrazione dei farmaci – spiega –. Ma all’interno della Comunità non solo le terapie che vengono somministrate sono quelle prescritte dalle Asl invianti ma c’è poi la supervisione del medico locale. Poichè all’interno delle strutture esiste personale medico viene contestato che si svolga attività sanitaria in proprio. Ma non è così». «La nostra filosofia – aggiungono i titolari– si basa proprio sulla fiducia, sul far comprendere ai ragazzi la differenza far il bene e il male. Molti di loro arrivano direttamente dai fatti di cronaca che finiscono sui giornali. Da tutta Italia. Sono situazioni difficili che noi qui risolviamo. Ecco perchè i servizi sociali e i Tribunali scelgono noi. Anche se siamo i più costosi (rette fino a 400 euro per ragazzo, ndr). E sempre con contratto privato non attraverso convenzioni». La cifra dunque sarebbe giustificata dalla qualità del servizio. Questo aspetto è riportato anche in alcune delibere dei Comuni invianti che descrivono come «elevato», ma ragionevole, rispetto all’offerta, il costo. ««E’ meglio se i ragazzi vengono da noi per un anno ad un costo maggiore che se passano anni ed anni in posti che costano meno ma dove il problema non viene risolto», riassume il vice presidente. Molti tra loro hanno alle spalle storie di tossicodipendenza, di violenze, di disagi profondissimi nei rapporti con i genitori, storie che spezzano il cuore e lo ricuciono insieme per ogni lieto fine di cui si viene a conoscenza. C’è chi ha imparato a suonare la batteria, o chi ha imparato a spendere la sua rabbia contro un sacco da pugile. E in molti da qui non se ne sono mai andati.

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